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Le prime notizie documentate sulla fonte pubblica di Santa Lucia, nota anche come Cisterna, risalgono al Cinquecento; periodo in cui l’amministrazione comunale del tempo incaricò l’ingegnere idraulico Gioacchino De Filippi, originario di Sarno (Sa), a bonificare le terre e le acque scaturite dalle sorgenti al fine di dare nuovi impulsi a una stagnante economia, di tutelare la salute dei cittadini e, al tempo stesso, di rendere irrigabile l’intero fondovalle. Nel Seicento sono proprio i De Filippi, proprietari di una copiosa sorgiva a monte del paese, a realizzare in legno una specie di tinozza chiamata appunto Cisterna, alimentandola grazie a un canale sotterraneo tuttora esistente.

Nel 1819, come testimonia la data scolpita sul mascherone di una testa d’uomo, la struttura assume per la prima volta le sembianze di una vera e propria fontana. I lavori si conclusero nel 1821 dopo aver realizzato le vasche in travertino e un lavatoio pubblico, oggi in disuso, che troviamo sul retro della fontana. Cambia aspetto nel 1859, anno in cui il Comune decide di abbellire Cisterna con delle maioliche di pregevole fattura; ciò spiega che per secoli questa fonte è stata il centro della vita sociale ed economica del paese in quanto, grazie allo sfruttamento delle acque di risulta, ha reso irrigui i terreni sottostanti.

Nel 1898, dopo un lunghissimo e tortuoso percorso giudiziario tra i proprietari De Filippo-De Biase e il Comune, il tribunale di Avellino sentenzia l’Acqua di Santa Lucia di Serino bene di pubblica utilità. 

Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, data la presenza in loco di un presidio militare tedesco, Cisterna viene dichiarata obiettivo sensibile e liberata nel settembre 1943 grazie all’arrivo dell’Esercito di Liberazione; i  bombardamenti, su Santa Lucia, ad opera degli Americani, del 23 settembre, finirono per causare solo lievi danni.